G. Melegati, D. Tornese, M. Bandi

L’IMPIEGO DELLA TECARTERAPIA NEI TRAUMI DISTORSIVI DI CAVIGLIA

RIASSUNTO
I traumi distorsivi della caviglia sono per incidenza gli infortuni più frequenti in ambito sportivo. Un’attenta gestione
dell’atleta nelle prime fasi dopo l’infortunio è in grado di orientare al meglio il recupero all’attività agonistica.
L’entità del versamento periarticolare non è sempre indice di gravità della lesione. La sua frequente imponenza richiede
però l’applicazione nelle prime 48 ore dello schema RICE (Rest Ice Compression Elevation). In questo studio, 15 soggetti andati incontro a trauma distorsivo di caviglia di I e II grado con meccanismo in inversione sono stati sottoposti dalla terza giornata postinfortunio a trattamento con la Tecarterapia (terapia di biostimolazione a trasferimento capacitivo e resistivo), una risorsa fisica di recente acquisizione che riconosce nel condensatore il suo modello fisico di riferimento.
Il protocollo di trattamento si è composto di 10 sedute a cadenza giornaliera della durata di 24 minuti (12 minuti con elettrodo resistivo automatico e 12 minuti con elettrodo capacitivo). Ciascun paziente è stato sottoposto prima e dopo la prima e l’ultima seduta di Tecarterapia a rilevazione dell’impedenza nella sede trattata, come metodo per stimare le modificazioni tissutali indotte dalla terapia. L’ipotizzato effetto di stimolazione del microcircolo da parte della Tecarterapia ha potuto in primo luogo essere stimato tramite la variazione di impedenza locale manifestatasi. Si sono inoltre evidenziate le riduzioni della soggettività dolorosa al carico deambulatorio (VAS) e della misura della circonferenza bimalleolare. Al termine del ciclo di trattamento, all’esame ecografico è stata rilevata una risoluzione subtotale del versamento periarticolare in 7 soggetti.

PAROLA CHIAVE
Distorsione di caviglia, riabilitazione, fisioterapia

 

Le lesioni a carico del complesso laterale della caviglia (legamento peroneo-astralgico anteriore-LPAA; peroneo-calcaneare-LPC; peroneo-astralgico posteriore-LPAP) costituiscono il 38-45% di tutti gli infortuni in ambito sportivo. Circa l’85% delle lesioni della caviglia sono rappresentate da distorsioni capsulo-legamentose; di queste, l’85% riconoscono un  meccanismo in inversione, il 5% in eversione, mentre il restante 10% investe la sindesmosi tibio-peroneale1-3.
Lanzetta4, da un punto di vista temporale suddivide i traumi distorsivi di caviglia in acuti (primo episodio), acuti su precedenti e lassità croniche. 
Le distorsioni con meccanismo in inversione, in senso anatomopatologico si distinguono in:
– I grado: lesione parziale LPAA;
– II grado: lesione del LPAA e del LPC;
– III grado: lesione di LPAA, LPC, LPAP (eventualmente anche del legamento interosseo).
In caso di lesione acuta di I e II grado il trattamento è classicamente conservativo e si articola in tre fasi fondamentali:
– controllo del versamento;
– recupero articolare;
– recupero del controllo neuromuscolare con rieducazione propriocettiva e potenziamento concentrico-eccentrico di peronei, tibiale anteriore, tibiale posteriore, tricipite surale.
L’adeguatezza del trattamento contribuisce a prevenire complicanze quali artralgia cronica, lassità residua o degenerazione artrosica5. 
Per tale motivo la prima fase, quella del controllo del versamento, rappresenta un momento fondamentale nel recupero del soggetto andato incontro a un trauma distorsivo della caviglia. 
In tal modo, infatti, risulta più precoce il recupero articolare ed è ipotizzabile una minore incidenza nella comparsa di aderenze fibrose derivandone in ultima istanza un globale miglioramento dell’outcome clinico-funzionale.

CONTROLLO DEL VERSAMENTO
L’entità dell’edema perimalleolare laterale che si evidenzia in caso di distorsioni della caviglia in inversione non è indice diretto di gravità della lesione legamentosa, essendo riconducibile nelle lesioni di I grado alla rottura dell’arteriola peroneale (che topograficamente risulta prossima al LPAA) o, nelle lesioni di II grado, all’interessamento di un suo terminale che attraversa la membrana interossea 4-5 cm sopra il malleolo laterale6.
Accumulandosi lo stravaso sieroematico, si realizza un incremento della pressione interstiziale (vn 1-2 mmHg) che conduce al  collasso del microcircolo flebolinfatico (perpetuando la stasi locale) e al rallentamento della diffusione dei nutrienti. Si innesca uno stato di ischemia tissutale (cellulare) che riconosce nel meccanismo compressivo il suo fattore scatenante.
Per questi motivi il primo obiettivo da porsi nel trattamento di una distorsione acuta di caviglia deve essere quello di ridurre al minimo la tumefazione periarticolare.
Nelle prime 48 ore dopo l’infortunio deve quindi essere seguito il classico schema RICE (Rest Ice Compression Elevation).
La nostra impostazione prevede l’applicazione della crioterapia per periodi di 20 minuti ogni ora in modo da evitare la vasodilatazione cutanea riflessa insorgente con tempi di esposizione superiori.
In letteratura sono stati confrontati i dati relativi all’effettuazione nei primi due giorni postinfortunio di cicli di ginnastica vascolare in forma di immersione del piede infortunato in bagni alternati di acqua calda e fredda con pazienti sottoposti
alle sole immersioni fredde. Il trattamento crioterapico si è dimostrato il più efficace nel controllo dell’edema periarticolare7.

TECARTERAPIA
La continua evoluzione nel campo delle terapie fisiche ci ha portati a considerare dalla terza giornata postinfortunio, l’applicazione della terapia a trasferimento energetico capacitivo e resistivo (Tecarterapia)8. La particolarità dell’apparecchio
consiste nel fatto che, lavorando a una frequenza di 0,5 MHz, non si realizza proiezione di energia verso il paziente, ma sfruttando il principio del condensatore, modello fisico a cui viene fatto riferimento, si verifica una corrente di spostamento di cariche all’interno del tessuto. 
Sono disponibili due tipi fondamentali di elettrodi:
– capacitivi, rivestiti da materiale isolante ceramizzato;
– resistivi, sistemi non isolati. 
L’applicazione degli elettrodi isolati (capacitivi) porta alla concentrazione delle cariche in prossimità della zona loro sottostante. L’utilizzo dell’elettrodo non rivestito da isolante (resistivo) evoca invece la concentrazione delle cariche nei punti tissutali più resistivi frapposti tra l’elettrodo attivo e la piastra di ritorno (osso, tendini,  legamenti che si comportano quindi come il dielettrico che riveste gli elettrodi capacitivi)9. 
A seconda del livello di trasferimento energetico a cui si decide di operare si ottengono risultati diversi:
– basso livello (fino a 100W di potenza o più precisamente differenza di potenziale applicata che corrisponde a una potenza fino a 100W):  biostimolazione ultrastrutturale cellulare con aumento delle trasformazioni energetiche e del consumo di ossigeno. Ne consegue attivazione indiretta del microcircolo per le aumentate richieste metaboliche;
– medio livello (100-200W): aggiunta di un iniziale incremento della temperatura endogena e di una vasodilatazione del microcircolo con relativo aumento del flusso locale;
– alto livello (200-300W): minore biostimolazione cellulare, ma effetto francamente termico con maggiore vasodilatazione e notevole aumento del flusso emolinfatico.
Da un punto di vista biofisico i vantaggi della Tecarterapia rispetto ai sistemi a proiezione di energia deriva dal fatto che la  corrente non è presente per contatto diretto, ma come movimento di attrazione e repulsione di cariche (corrente alternata). In tal modo la biostimolazione dei tessuti profondi non è realizzata proiettando elevate concentrazioni di energia ai piani cutanei del paziente.

MATERIALI E METODI
Sono stati sottoposti al trattamento Tecarterapico 15 soggetti praticanti varie discipline sportive (rugby, calcio, pallavolo,  tennis), di età media 35,73 ± 13,33 anni, andati incontro a trauma distorsivo della caviglia con meccanismo in inversione.
Sono stati esclusi da questo studio i soggetti che al momento della prima visita presentavano segni clinici tipici di lesioni di III grado e coloro i quali all’esame radiografico presentavano fratture malleolari associate. Il protocollo di Tecarterapia è stato intrapreso dalla terza giornata postinfortunio e si è composto di 10 sedute a cadenza giornaliera della durata di 24 minuti
così ripartiti: 
– 12 minuti a elevati livelli energetici, utilizzando l’elettrodo resistivo automatico applicato con la piastra di ritorno secondo una disposizione geometrica che localizzasse il punto più resistivo alla tibio-tarsica (piastra posta sotto la pianta del piede e elettrodo resistivo automatico applicato alla faccia laterale del III distale della gamba);
– 12 minuti a livelli energetici medio-bassi, secondo la tolleranza del paziente, utilizzando l’elettrodo capacitivo a massaggio sulla tibio-tarsica estendendosi fino alla III distale della gamba e al dorso del piede. 
Prima di ogni seduta di Tecarterapia è stata rilevata la circonferenza bimalleolare in posizione eretta e pianta appoggiata al terreno. La misurazione è stata ripetuta tre volte, calcolando infine  la media delle tre rilevazioni.
La soggettività dolorosa al carico deambulatorio è stata valutata a mezzo di un analogo visivo impostato su 10 livelli crescenti. L’esame ecografico della caviglia è stato eseguito sempre dallo stesso operatore all’inizio del ciclo terapeutico e al termine dello stesso al fine di verificare l’eventuale riduzione del versamento periarticolare.
Onde stabilire una possibile riduzione della resistività tissutale riconducibile all’ipotizzato effetto drenante il microcircolo, prima e dopo la prima e l’ultima seduta del ciclo terapeutico, per ciascun paziente abbiamo effettuato una rilevazione dell’impedenza locale.
È stato impiegato un impedenzimetro digitale (controllato da un computer), al fine di effettuare una serie di acquisizioni temporizzate per stabilire la variazione di impedenza10 quale indice delle modificazioni tissutali (compartimentali) indotte dalla terapia 11,12. Abbiamo utilizzato come sonda, una coppia di elettrodi di superficie semiellittica a sezione nota, in cui l’analizzatore ha inviato una tensione di riferimento autoregolata e a frequenza nota come segnale di controllo. 
La scala di lettura utilizzata (in Mohm) è stata continuamente aggiornata ogni 3 secondi nel corso dell’acquisizione di durata totale pari a 2 minuti. La metodica di rilevazione da noi impiegata concorda, in forma e sostanza, con i principi della tecarterapia a trasferimento capacitivo, nella quale gli effetti a carico del tessuto trattato si esplicano in primo luogo  attraverso trasformazioni compartimentali, a livello della superficie cutanea per quanto riguarda il movimento di cariche (cute=II armatura del condensatore) per poi evidenziarsi man mano in sede endotissutale per quanto riguarda endotermia e
biostimolazione che si propagano dalla profondità alla superficie.
Le serie di dati acquisiti sono stati sottoposti quindi a validazione statistica.

RISULTATI
Nella Tabella 1 sono riportati i dati relativi alla soggettività dolorosa al carico deambulatorio. 
Nella Figura 1 il grafico rappresenta la variazione media della circonferenza bimalleolare tra inizio e fine trattamento Tecarterapico. Nella Tabella 2 sono indicati i valori medi di impedenza locale registrati prima della prima seduta e al termine dell’ultima e i valori registrati prima e dopo la prima e l’ultima seduta di Tecarterapia. 
Sono inoltre indicati i valori medi di riferimento di una popolazione di 33 soggetti sani.

DISCUSSIONE
Per quanto concerne il protocollo di Tecarterapia abbiamo optato, vista la precocità della sua effettuazione (terza giornata postinfortunio), per un trattamento che individuasse nel versamento periarticolare il suo principale punto di impatto.
La prima fase, che ha previsto l’impiego dell’elettrodo resistivo automatico, per le sue caratteristiche di azione profonda effettuata geometricamente ha quindi assunto significato di ottimizzazione dell’area trattata, in preparazione alla fase capacitiva specificamente mirata all’effetto di drenaggio del microcircolo emolinfatico.
Le misurazioni della circonferenza bimalleolare, così come i rilievi ecografici (risoluzione subtotale del versamento periarticolare in 7 soggetti, riduzione significativa nei restanti 8 casi) hanno deposto per una progressiva riduzione del versamento periarticolare durante il ciclo di Tecarterapia. L’immediata sensazione di svuotamento a livello della regione trattata, riferita dai pazienti al termine di ciascuna seduta ci ha suggerito di ricercare un sistema che ci consentisse
di valutare cosa potesse essere avvenuto dopo i 24 minuti di Tecarterapia.
Abbiamo testato la resistività cutanea di 33 soggetti sani (età media 36,8 ± 12,13 anni), con le medesime modalità impiegate  per i 15 soggetti con distorsione di caviglia presenti in questo studio al fine di stabilire dei valori di normalità cui fare riferimento. È stata rilevata una modificazione dell’impedenza locale sia interseduta, sia al termine del ciclo tecarterapico, presumibilmente riconducibile sia a un effetto drenante diretto (ipotizzato con l’utilizzo di livelli energetici medi) che indiretto (utilizzando bassi livelli di energia) sul microcircolo.
Nei 15 soggetti trattati non si sono manifestati episodi di riacutizzazione né del versamento né della sintomatologia dolorosa  da carico che, come dimostrato dal punteggio VAS, è andata progressivamente migliorando.

CONCLUSIONI

Sulla base di soggettività, clinica, esame ecografico e rilievi strumentali, la Tecarterapia si propone come una risorsa utile nel controllo del versamento dopo episodio distorsivo della tibiotarsica.
Il fatto che non si siano evidenziati episodi di riacutizzazione o di intolleranza al trattamento nel gruppo di pazienti presentato, fissa nella terza giornata postinfortunio un punto di partenza sufficientemente sicuro visto l’effetto endotermico profondo che la Tecarterapia è in grado di evocare. Punto fermo nelle prime 48 ore dopo l’episodio distrosivo resta lo schema
RICE.

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